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Lettera aperta di un Chinesiologo insicuro


"Un conto è fare una scheda su di me, il problema è quando ho la responsabilità di farla per qualcun altro che soffre di problemi ben più gravi"

Caro CISM,

quel che caratterizza il lavoro del Chinesiologo penso possa essere ben riassunto dalla frase che ho scritto qui sopra: la capacità che ogni chinesiologo dovrebbe avere di mettere in atto le proprie competenze per rendere concretamente e quotidianamente più sana la vita di una persona. Rileggere questa frase deve suscitare in ognuno di noi un senso di responsabilità infinito, che da un lato ci sprona a fare sempre del nostro meglio, ma dall'altro rappresenta perfettamente il sentimento che, purtroppo, ho avuto modo di riscontrare in tutti i ragazzi tirocinanti che ho seguito nella struttura in cui lavoro; e, di nuovo purtroppo, anche sulla mia pelle.

Non voglio che questo messaggio traspaia come un' autocelebrazione e per questo decido di scrivervi anonimamente e di non nominare nessuna delle realtà interessate in questo messaggio, dal momento che so che la problematica di cui vi scrivo riguarda una sfera ben più ampia delle singole realtà. Vorrei semplicemente raccontarvi un'esperienza di lavoro personale che mi ha sia trasmesso un inspiegabile senso di soddisfazione sia aperto gli occhi su quanto ci sia da fare ancora in campo accademico e lavorativo nell'ambito del mondo delle scienze motorie in Italia.


Mi sono laureato in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate qualche anno fa e da 2 anni lavoro in una struttura addetta alla riabilitazione chinesiologica generale, la quale risulta convenzionata con un'università di prestigio e, di conseguenza, offre la possibilità agli studenti del corso di laurea LM67 e non solo di affrontare con noi il loro tirocinio. In questi pochi anni ho avuto modo di stare insieme a diversi studenti, con ognuno dei quali ho voluto personalmente impegnarmi per far sì che non si sentissero come mi sono sentito io al termine del mio corso di laurea concluso qualche anno prima: incapace di "fare la scheda a qualcun'altro che soffre di problemi ben più gravi". E' tanto sorprendente quanto inquietante il fatto che sia io sia tutti gli studenti che ho avuto modo di seguire abbiamo pensato più e più volte questa frase al termine di un percorso di studi durato 5 anni. 5 anni. 5 anni. Non parliamo di poche settimane, ma di un lasso di tempo tale per cui un corso universitario potrebbe avere infinite occasioni per fare una sola cosa: DARE SICUREZZA, e far sentire valorizzati tutti quegli studenti che hanno deciso di dedicare il proprio futuro al benessere altrui.


Sono qui a scrivervi questo messaggio proprio perché non è assolutamente così. Spero che di messaggi come questi ne abbiate già letti e spero di non risultare saccente nel dire che a mio parere (e ci tengo a specificare, insieme al parere di ogni altro tirocinante o ex compagno di corso) l'assetto del corso LM67 e della triennale di Scienze motorie, sport e salute, deficitino totalmente nella formazione PRATICA e CONCRETA del chinesiologo. "Beh, il tirocinio lungo serve proprio per questo, darvi modo di applicare ciò che vi insegniamo nella teoria in un ambito più pratico". E' proprio questo il punto: al chinesiologo/laureato in Scienze Motorie deve essere insegnato PRIMA a PRATICARE. Senza parlare del fatto che in certi casi, le strutture stesse convenzionate per accogliere tirocinanti non sono realmente organizzate per formarli a dovere.


Il paradosso di questa situazione è il fatto che si concretizzi nel paese a cui è stato più e più volte riconosciuto di essere dotato dei migliori corsi universitari in alcune delle migliori università al mondo. Un paese che fa della propria cultura uno dei suoi valori caposaldo. Ma forse, il problema sta proprio nella mancanza di cultura del movimento, dello sport, del benessere.


Non voglio cadere in quella che può finora sembrare un'argomentazione da parte mia banale, fredda e quasi di stampo politico-propagandistico. Proprio perché quel che potete leggere nel file in allegato è un qualcosa che mi ha letteralmente scaldato il cuore.


Alla luce delle righe scritte sopra, quando qualche mese fa ho avuto modo di conoscere a lavoro 3 nuovi ragazzi tirocinanti, come ho sempre fatto con tutti, mi sono dedicato sin da subito nel programmare un percorso di formazione PRATICA e CONCRETA, basata sul dar loro le basi per osservare un paziente, fargli eseguire dei test specifici, analizzare meticolosamente posture e compensi e di conseguenza programmare schede di lavoro specifiche per ognuno di loro. E soprattutto, per far sì che alla fine del nostro cammino insieme, potessero avere una considerazione dei propri mezzi ben diversa di quella che percepivano di avere dopo 5 anni di università. 5 anni. Non voglio stancarmi di ripetere questo periodo di tempo. Perché 5 anni sono un'infinità.


Perché in 5 anni uno studente del corso LM67:

  • non può studiare neurologia da un libro senza sapere come approcciarsi a un paziente con la sindrome di Parkinson;

  • non può studiare cardiologia senza sapere quali esercizi siano più azzeccati per un paziente reduce da infarto miocardico;

  • non può studiare geriatria senza conoscere un programma specifico per un anziano affetto da osteoporosi;

  • non può studiare "fitness/preparazione atletica" senza testare un programma riabilitativo per una rottura del legamento crociato anteriore.

Leggere su un bigliettino di pochi centimetri queste brevi righe di ringraziamento mi ha scaldato il cuore. E specialmente sentirmi dire "ora ci sentiremo più sicuri nell'affrontare un paziente grazie a quel che abbiamo fatto insieme a te". A me. Io. Un ragazzo laureato da pochi anni che lo differenzia da questi tirocinanti solo per aver avuto la fortuna di aver trovato una realtà in cui crescere. Ma anche io ancora pieno di incertezze e insicurezze.


Ovvio, finire un corso universitario non significa "essere imparati", come diceva Totò! Anzi!!! Ma essere sicuri in sè stessi, sì. E per quanto mi senta ancora estremamente gratificato dall'aver reso queste persone piu sicure di sè, non può che spaventarmi il fatto che ogni anno centinaia di laureati chinesiologi non si sentano pronti ad adempiere ad una scelta di lavoro estremamente altruista: dedicare il proprio futuro lavorativo al benessere altrui. Non posso essere io la persona adibita alla loro preparazione, quando, per 5 anni, ognuno di loro dovrebbe essere seguito da professori illuminati che gli facciano capire cosa significhi TOCCARE CON MANO un paziente.


Non leggendo solo dei libri. So che non cambieranno le cose con questo messaggio, in un paese in cui la nostra professione fatica ancora ad essere riconosciuta come "sanitaria", ma ci tenevo a scrivere a voi del CISM per ringraziarvi del lavoro che fate tutti i giorni per un settore purtroppo bistrattato da anni e anni. Anche, alla luce di questa esperienza che vi ho appena raccontato, in ambito accademico. Avete raggiunto enormi traguardi e so che ne raggiungerete altri. Spero che qualcosa però possa cambiare ancor più dalle radici, perché in 5 anni si possono fare grandissime cose per dei giovani ragazzi che hanno scelto di fare del bene degli altri la propria missione. Non posso essere io a farlo. 3 mesi di tirocinio non sono nulla. Io stesso non sono nulla in confronto all'istituzione universitaria. Ma queste poche righe che ho ricevuto su questo biglietto continueranno ad ispirarmi per far sì che qualcun altro possa uscire dal nostro centro più sicuro di sè.


Aiutateci a sapere come muoverci sul campo, a conoscere il corpo di un paziente, non solo a sfogliare delle pagine.

Aiutateci a sentirci pronti.

Aiutateci ad aiutare chiunque ne abbia bisogno.


Ciao CISM Un chinesiologo insicuro.

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