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Adattamenti cardiaci e vascolari all’allenamento aerobico: il ruolo del (VEGF)


L’allenamento aerobico, moderato (superiore al 50%VO2 Max) e regolare, condotto per più di 5h a settimana che include almeno un sesto della massa muscolare corporea, spinge l’organismo a mettere in atto una serie di adattamenti, a lungo termine, a livello anatomo-strutturale che coinvolgono più apparati e sistemi. Il sistema cardio-circolatorio è sicuramente quello più interessato a tali adattamenti che, per comodità, vengono distinti in centrali (cardiaci) e periferici (vascolari).

Gli adattamenti centrali riguardano direttamente il cuore (cuore d’atleta) che reagisce alla nuova condizione di aumentato lavoro operando, fondamentalmente, due modificazioni principali:

-aumento di volume: tale fenomeno fu descritto per la prima volta nel lontano 1899 nella tesi di laurea del medico Henschen [1] che l’osservò in sciatori di fondo svedesi. Successivi approfondimenti [2] hanno permesso di apprezzare che il volume cardiaco totale può addirittura raddoppiare negli atleti di endurance professionisti, soprattutto maratoneti e ciclisti. Ancora oggi ci si chiede se esiste una sorta di limite [3] oltre il quale considerare “patologico” l’ingrandimento cardiaco, tuttavia i parametri influenzanti sono troppo numerosi (peso, altezza, superficie corporea, genetica). Il termine “cuore d’atleta” si riferisce precisamente all’ ipertrofia eccentrica che si riscontra a livello delle pareti ventricolari che vanno incontro ad un marcato ispessimento senza effetti collaterali di tipo costrittivo o riduttivo nei confronti della stessa camera cardiaca. Dai referti istologici si può notare l’organizzazione in serie delle nuove miofibrille: trattasi di un prezioso accorgimento che consente di aumentare le gittata cardiaca in corso d’esercizio, migliorando di conseguenza le performance grazie al fatto che più sangue può arrivare ai tessuti sotto sforzo, che si traduce in una trasporto più efficiente di nutrienti e ossigeno nonché un’eliminazione più rapida di prodotti di scarto e anidride carbonica che ostacolerebbero il lavoro muscolare.

-riduzione della frequenza cardiaca a riposo: tale adattamento è conosciuto sotto il nome di bradicardia d’atleta e definisce l’abbassamento della frequenza cardiaca (FC) rispetto ai canonici 60-100bpm considerati “fisiologici” dalla letteratura scientifica. Già dopo poche settimane di allenamento la FC può ridursi di 8-10bpm fino ad assestarsi ad una media di 35-40bpm negli atleti d’élite. Alcuni studi [4] hanno ricondotto tale modificazione ad una riduzione del tono simpatico con prevalenza del tono vagale a carico del sistema autonomo, le cui fibre nervose controllano l’attività ritmica spontanea del cuore tramite le cosiddette cellule pacemaker del nodo seno-atriale. La bradicardia permette di aumentare il tempo in cui il ventricolo sinistro può riempirsi di sangue influenzando la Gittata sistolica consentendo dunque di far arrivare ancora più sangue in periferia riducendo la spesa energetica a carico del cuore (doppio effetto positivo).

Gli adattamenti periferici (vascolari) riguardano la rete circolatoria e furono segnalati per la prima volta negli anni ’60 del secolo scorso da Folco Rossi e Antonio Venerando ritenuti i pionieri della Medicina dello Sport da parte dell’Istituto Coni. I due professori si accorsero, dall’analisi delle radiografie dei corridori delle Olimpiadi di Roma 1960, dell’aumento del calibro vasale rispetto ai sedentari, aumento che correlarono, in primo luogo, alle dimensioni corporee dell’atleta. È possibile paragonare le nostre arterie, vene e capillari ad una gigantesca rete autostradale: le migliorie a carico de vasi di piccolo, medio e grosso calibro equivale a rendere più efficiente il traffico automobilistico evitando rallentamenti di qualsiasi tipo. Tali adattamenti sono riconducibili all’aumento della gittata cardiaca che determina delle condizioni di maggior “traffico ematico” all’interno dei vasi, fattore determinante per il rimodellamento dell’albero vascolare [5]. A loro volta è possibile distinguere tra gli adattamenti periferici quelli che avvengono a carico dei vasi di grosso e medio calibro e quelli a carico del microcircolo.

-adattamenti a carico dei vasi di medio e grosso calibro: tali adattamenti riguardano sia le coronariche che le arterie muscolari di tipo non elastico, ad esempio quella femorale e succlavia. Nel mediare il rimodellamento è fondamentale lo shear stress: esso rappresenta la trazione esercitata dalla superficie endoteliale dal sangue che scorre e, può essere paragonato alla lama del rasoio che scorre sulla pelle quando ci si fa la barba. Tale attrito stimola una serie di meccanocettori endoteliali [6] che, sensibili allo stiramento, attivano particolari vie di traduzione del segnale che alla lunga portano a perfezionare la compliance. A questo meccanismo si aggiunge quello spiegato da Patrizio Sarto [7] riguardante le EPC. Trattasi di cellule staminali circolanti che partecipano ai processi di rimodellamento vascolare incorpandosi agli endoteli. La “capacitanza”, che traduce dall’inglese il termine compliance, intende la capacità che hanno i vasi di dilatarsi quando aumenta il volume del sangue nel vaso, stabilizzando la pressione perché il vaso riesce, di conseguenza, anche a distendersi meglio (ciò spiega perché il training aerobico migliora i parametri pressori riducendo il rischio ipertensivo). A ciò va aggiunta anche la capacità delle arterie di aumentare il diametro interno del lume (come aggiungere un’altra corsia in autostrada) riducendo lo spazio occupato dall’endotelio, evento che permette di migliorare ulteriormente l’afflusso di sangue verso i muscoli maggiormente sollecitati [8].

-adattamenti a carico del microcircolo: l’ipossia è il principale induttore di tali adattamenti. In condizioni di scarsa concentrazione di ossigeno sono le stesse cellule muscolari a rilasciare VEGF (Vascular Endotelian Growth Factor) [9] tramite il fattore HIF-1, in modo direttamente proporzionale all’intensità dell’esercizio. Esso rappresenta il più potente fattore neoangiogenetico noto: una volta rilasciato infatti, agisce sulle cellule endoteliali dei capillari pre-esistenti facendole proliferare e migrare fino alla fusione con altri capillari. Il processo termina con la maturazione degli stessi fino alla formazione di un nuovo lume e membrana basale. In conclusione la capillarizzazione a carico del microcircolo riguarda l’aumento del numero (iperplasia), l’aumento della lunghezza (ipertrofia) e il miglioramento funzionale (efficienza). È importante ricordare che la formazione di nuovi vasi in zone prima, poco o nulla irrorate, permette di far arrivare meglio e più velocemente il sistema immunitario in caso di traumi, lesioni o infezioni, permettendo di accelerare il processo di riparazione e/o guarigione. [10-11]


Dott. Lorenzo Gennaro - Chinesiologo



Bibliografia

[1] “Cardiomegaly”, Hina Amin 1, Waqas J. Siddiqui 2 In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2022 Jan.

[2] Fiorentini, Anselmi, Mondillo “Left ventricular hypertrophy in athletes: How to differentiate between hypertensive heart disease and athlete's heart” Eur J Prev Cardiol. 2020 Mar 25;2047487320911850. doi: 10.1177/2047487320911850. Online ahead of print.

[3] Sportmedizin : “Grundlagen für körperliche Aktivität, Training und Präventivmedizin”, Hollmann, Wildor; Strüder, Heiko Klaus; Hettinger, Theodor, Stuttgart: Schattauer (Verlag), 2009, 756 S., Lit. 5., völlig neu bearb. u. erw. Aufl.

[4] Huonker M.et Al “Structural and fuctional adaptations of the cardiovascular system by training, Int J. Sport Med., 17: S164.S172, 1996)

[5] Prior B.et al, “Exercise-induce vascular remodeling”, Exerc.Sport Sci. Rev. 31, 26-33, 2003).

[6] Schwartz Ma, Hahn C, “Mechanotransduction in vascular physiology and atherogenesis”, Nat Rev Mol Cell Biol. 10, 53-62, 2009)

[7] P.Sarto et al. “Effects of Exercise Training on Endothelial Pogenitor Cells in patients with Chronic Heart Failure”, Journal of cardiac failure 13, 701-708, 2007.

[8] Green D.J et al. “Vascular adaptation in athletes: i s there an “athlete’s artery?”, Exp Physiol 97, 295-304, 2012.

[9] Carmen Stanca Melincovici, Boşca, Şuşman, “Vascular endothelial growth factor (VEGF) - key factor in normal and pathological angiogenesis” Review Rom J Morphol Embryol. 2018;59(2):455-467.

[10]“Patologia e Fisiopatologia generale per le Scienze Motorie” di E.Damiani (2014)

[11]“Manuale di Medicina dello sport” con elementi di traumatologia e pronto soccorso per gli studenti di Scienze Motorie di P.Zeppilli ristampa 2018

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